Un detto popolare recita “Manciano delle streghe, dove si va si vede”. Così è, perché verso qualunque parte si rivolga lo sguardo dal paese arroccato sulla sommità della collina, c’è qualcosa da vedere: le pendici dell’Amiata, l’alta valle del Fiora, Montalto di Castro, il litorale laziale, Talamone, l’Argentario, il Giglio. Nei giorni invernali quando il cielo terzo è spazzato dalla tramontana, si vedono le cime innevate della Corsica. Dalla torre del palazzo comunale, la Rocca edificata nel XII secolo dagli Aldobrandeschi, la vista è una cartolina, con il profilo di Cap Corse stagliato contro il rosso del tramonto.
L’area in cui sorge il paese era abitata fin dalla preistoria, per passare attraverso le vicissitudini del tempo al dominio senese. Risalgono a questo periodo le mura, oltre 5 chilometri ormai completamente inglobati dalle case ma che è possibile riconoscere il alcuni tratti sui lati esterni del centro storico. Delle undici torri, di cui sei cilindriche come quelle del vicino paese di Magliano, se ne conservano due: una lungo la rampa verso la parte più alta del paese, l’altra sulla sinistra di Porta Fiorella, varco di accesso al centro. Poco lontano dalla Rocca si erge imponente palazzo Nardelli, che ospita al suo interno il museo di Preistoria e Protostoria della Valle del Fiora con reperti che arrivano alla età del bronzo.
Il territorio di Manciano è ancora più noto del capoluogo, grazie alle cascate termali di Saturnia, alla ricchezza e alla varietà dei suoi paesaggi, ideali per gli appassionati di trekking, monutain bike e ciclismo su strada. Qui amava allenarsi il compianto Marco Pantani, che aveva una casa a Poggio Murella. Alcuni anni fa, in sua memoria, il Comune ha collocato un monumento in cima alla durissima salita che sale da Saturnia e che Pantani percorreva sempre al termine dei suoi giri.